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Chiedono un forte segnale di discontinuità. Chiedono stabilità e riforme. Si ritrovano unite CNA, CONFARTIGIANATO, CONFCOMMERCIO e CONFESERCENTI, le associazioni di categoria della piccola e media impresa dell’Emilia-Romagna in vista della manifestazione nazionale di martedì 18 febbraio in piazza del Popolo a Roma. Nella capitale, gli imprenditori di Rete Imprese Italia (3,5 milioni di aziende rappresentate) saranno presenti per scandire lo slogan "Senza impresa non c’è Italia-Riprendiamoci il futuro”. Dall’Emilia-Romagna sono attesi in più di 3 mila commercianti e artigiani, ma si ipotizza una partecipazione che potrà salire a quota 8 mila, che, con pullman e treni, si mobiliteranno per raggiungere Roma.
Se dopo 31 anni il mondo della piccola impresa, dell’artigianato e del commercio si trova compatto per dare voce comune e forte ad istanze condivise ad una manifestazione che mobilita tante imprese, è perché la situazione è diventata ormai insostenibile.
Nella sede di Unioncamere Emilia-Romagna i quattro presidenti regionali di categoria coinvolti Paolo Govoni di Cna, Marco Granelli di Confartigianato, Ugo Margini di Confcommercio, Roberto Manzoni di Confesercenti sono stati chiari nel richiedere azioni immediate al Governo ma anche agli enti locali: stop ad una burocrazia che in Italia costa 5 miliardi di euro all’anno, una nuova fiscalità perché l’attuale è “insostenibile ed intollerabile”, pagamenti da parte della pubblica amministrazione, più credito (solo il 18% va alle piccole e medie imprese), e un rafforzamento patrimoniale dei Confidi che stanno svolgendo un ruolo fondamentale per ridurre l’impatto drammatico delle ciris
Nella classifica della Banca Mondiale sulla facilità di fare impresa, l’Italia è al venticinquesimo posto tra i 28 paesi dell’Unione Europea: per i soli adempimenti fiscali sono necessarie 269 ore l’anno per un totale di 34 giorni lavorativi: 13 giorni in più rispetto alla media europea, 10 rispetto alla media dei paesi Ocse; il livello di imposizione fiscale sui profitti d’impresa nel 2013 è stato del 65,8%, oltre 20 punti sopra la media europea.
Le richieste di credito sono per i 70% legate alla richiesta di liquidità e non per investimenti e questo è un altro evidente segnale della estrema difficoltà delle imprese.
“Tutto ciò non è più ammissibile” hanno rimarcato i quattro presidenti regionali sottolineando come “la parte sana del Paese dice basta”.